Consolidamento sottovuoto della pietra

Consolidamento sottovuoto della pietra

Questo metodo di consolidamento viene chiamato “a sottovuoto”, perché la tecnica d’intrusione del materiale consolidante è effettuata sfruttando una forte depressione, provocata da una pompa per vuoto.

Dopo aver liberato la base della colonna dalla sua sede piombata, si procede sollevando, quindi sospendendola e avvolgendola di un tessuto morbido con buona capacità d’assorbimento, che sia naturale quindi non tinto, compatto cioè che non liberi dei propri residui.

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In questo caso è stato usato del mollettone, un tessuto in cotone non tinto che corrisponde alle qualità citate.

Una volta avvolto ben aderentemente la pietra, occorre aver già preparato una cannula flessibile in materiale sintetico, del Ø di 10 mm. lungo 12 m, forata ogni 2-3 cm per i 2/3 della sua lunghezza.

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Con questa procediamo distendendo, a partire dal primo forellino, dal basso verso l’alto della colonna, la parte della canna non forata, in modo che il tubo sia abbondante di circa 2 m., questa sarà la bocca di pescaggio della resina.

Con il resto del tubicino, circa 6 m cioè tutta la parte forata, sempre dal basso verso l’alto sono praticate delle spirali attorno alla colonna in modo che tutto il tubo sia distribuito nella sua metà inferiore.

A questo punto la colonna così preparata deve essere immessa in un doppio sacco dalle dimensioni appena più grandi di essa.

Doppio non solo per la questione di sicurezza (non dimentichiamoci che siamo a 40 m. d’altezza e che sotto di noi c’è la facciata della chiesa; ogni fuoriuscita non controllata, dovuta ad un qualsiasi incidente, della resina provocherebbe dei danni), ma anche per quanto riguarda l’efficacia del sistema adoperato: dato che i due sacchi non sono tra loro comunicanti.

Questi sacchi oltre alle dimensioni devono avere altre caratteristiche, in pratica devono essere: di un materiale plastico resistente ma allo stesso tempo morbido in modo che si possa ben adattare alla superficie della colonna e perfettamente ermetici.

Una volta insaccata la colonna, la si può posare dentro ad un contenitore, sempre per una questione di sicurezza, avendo l’accortezza di aver adagiato sul fondo di esso una buona quantità di materiale spugnoso (gommapiuma) in modo che, per il peso, gli spigoli della base delle colonne non danneggino il sacco.

Ora si possono chiudere le bocche dei sacchi lasciando una giusta apertura dove si collegherà la pompa che estrarrà l’aria dal sacco, dai pori e dalle micro fratture della pietra.

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Una volta collegata la pompa e assicuratici che l’involucro sia perfettamente ermetico, la si può accendere.

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Avendo avuto cura preventivamente di tappare l’estremità interna del tubo forato a spirale, si deve tappare momentaneamente, basta con il pollice della mano, anche l’altra estremità cioè quella che fuoriesce dal sacco ed ha la funzione di introdurre la resina.

Quest’operazione è fatta per favorire il crearsi della depressione o del sottovuoto, la pompa estrae l’aria da dentro il sacco fino che esso non aderisce fortemente alla forma della colonna, ed il manometro della pompa da – 600/400 torr si porta pian piano a 0 torr, questo è il momento di introdurre il capo della cannula che si teneva tappato in mano, nel contenitore della resina o consolidante che si è deciso di usare.

Per questo specifico caso si è usata la resina eppossidica STAR 2001.

Abbiamo affermato che per via del sottovuoto o depressione, la resina è introdotta, attraverso la cannula, dentro al sacco e per mezzo dei piccoli fori praticati nella zona a spirale del tubicino, distribuita uniformemente a tutta la superficie della colonna mediante l’inzupparsi del mollettone.

Dopo un tempo di 15′-20′ cioè tale a far si che la pompa aspiri tutta la resina (5 kg), e che la attragga verso la parte alta della colonna dove ci sono le ventose di aspirazione, si spegne di colpo la pompa, in modo che la resina, che è ben distribuita sulla superficie, sia spinta dalla stessa aria dentro alle crepe e alle parti più porose che prima erano occupate da essa.

Una volta lasciato che la resina si depositi sul fondo, e tappato il buco d’entrata della resina, si deve ripetere l’operazione per almeno tre o quattro volte in modo da praticare una sorta di massaggio all’elemento da consolidare, lavorando con la pressione atmosferica e la depressione da noi creata con il metodo qui sopra descritto.

Naturalmente, siccome la resina che introduciamo è di una quantità da noi precedentemente conosciuta, con una certa accortezza seppure in modo empirico, è possibile stabilire quanto consolidante si sia trattenuto all’interno delle cavità e delle crepe, avendo cura di pesare sia precedentemente sia ad operazione terminata il tessuto di mollettone, cannula, la resina ed il suo catalizzatore, avremmo per differenza una quantità non esatta ma molto verosimile.

La possibilità di creare un sistema efficiente di consolidamento a sottovuoto lo si ha solamente per quanto riguarda un elemento a se stante cioè che si possa racchiudere completamente in un sacco.

Per i consolidamenti degli elementi che per un motivo o per un’altro non sia consentito lo smontaggio o lo svincolo dalla struttura che li contiene, si possono adattare con intelligenza le proprietà della pompa per vuoto, provocando una forte depressione da un lato e magari per ipotesi posizionando le cannule portanti il consolidande da quello opposto.