Palazzo Emo, Venezia

Palazzo Emo, Venezia
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Restauro conservativo facciata

INDICE                     

  1. STATO CONSERVATIVO ANTECEDENTE INTERVENTO

1.1 Indagine stato conservativo

1.2 Progetto di restauro

   • Operazioni preliminari

   • Descrizione di intervento

   Incollaggio delle parti fratturate

  1. INTERVENTO DI RESTAURO

2.1 Elementi lapidei

  Consolidamento elementi lapidei

  • Restauro poggioli

  • Pulitura elementi lapidei

  • Stuccatura materiale lapideo

2.2 Ripristino intonaci decorati

  • Lunette in intonaco affrescato

  • Formazione nuovi intonaci facciata

1.STATO CONSERVATIVO ANTECEDENTE INTERVENTO

1.1 Indagine stato conservativo

Il Palazzo Emo di cui ci occupiamo in questa relazione  è situato a Venezia nel sestiere di Cannaregio.

Trattasi di una costruzione presumibilmente risalente al XVII secolo, la cui facciata su cui andremo ad intervenire è posta sull’incrocio tra il Canal Grande e l’imbocco del canale di Cannaregio.

L’edificio si sviluppa in tre piani, al secondo piano o piano nobile sono presenti delle grandi portefinestre ad arco con lunette decorate a fresco e grandi mascheroni in pietra d’Istria sulle chiavi di volta, poggioli sempre in pietra d’Istria.

Diverse lacune sulla pietra d’Istria dovute a perdita di materiale non recuperato, essendo la facciata prospiciente  il sottostante canale di Cannaregio.

L’intonaco disposto a specchiature realizzato in coccio pesto e rasatura cementizia, risulta notevolmente deteriorato con distaccamenti e lacune.

Vengono riscontrate diverse fessurazioni dovute all’assestamento del palazzo.

Massiccia presenza di malte cementizie su gran parte degli elementi lapidei,  in parte decoese.

Nelle  lunette decorate (n. 5) si notano diverse lacune dovute a perdita di materiale, su di una, in maniera particolare, la lacuna è particolarmente estesa.

La parte inferiore (piano terra) presenta un rivestimento in lastre in pietra d’Istria; gli architravi delle finestre, in un precedente intervento di restauro, sono stati  messi in sicurezza mediante l’inserimento di barre in ferro che ossidandosi hanno provocato la frattura degli  stessi.

Gli intonaci ancora presenti non sono gli originali e quindi verranno sostituiti in accordo con la D.L. e la Sovrintendenza ai B.B.A.A. di Venezia.

 

1.2 Progetto di restauro

Operazioni preliminari

Incollaggio di tutte le parti fratturate e messa in sicurezza delle parti lapidee lesionate.

Rimozione delle malte cementizie.

Rimozione di perni e ganci  in ferro ormai inutilizzabili.

Descrizione di intervento

Pulitura delle superfici lapidee con bruschinatura e, ove necessario, con impacchi a base di  polpa di carta e soluzione idrica di bicarbonato di ammonio a ph controllato.

Smontaggio degli elementi formanti le balaustre, restauro degli stessi,  sostituzione delle vecchie perniature con nuovi elementi in acciaio inox, sostituzione degli arpesi arrugginiti con altri in acciaio inox.

Formazione di tassellature nelle colonnine con pietra d’Istria e ricostruzione di alcune lacune con apposito impasto a base di resina epossidica caricata con polvere di pietra.

Consolidamento delle fratture nella pietra mediante iniezioni localizzate di resina epossidica liquida.

Rimozione delle barre negli architravi delle finestre poste al piano terra e sostituzione con elementi in acciaio inox, previo consolidamento delle fessurazioni con iniezioni in profondità di resina epossidica.

Formazione nuovi intonaci della facciata con metodo e materiali tradizionali.

Pulitura lunette affrescate, consolidamento distaccamenti, integrazione pittorica delle lacune e delle stuccature.

Formazione di tassellature nel cornicione di gronda, nelle spallette delle finestre poste al piano terra, negli architravi sempre delle stesse finestre e in una lastra di rivestimento posta nella parte bassa della facciata.

Stuccatura delle crepe e delle fughe di connessione con impasto a base di polvere di pietra e calce idraulica demineralizzata.

Stesura a pennello di idoneo protettivo su tutta la superficie.

Incollaggio delle parti fratturate

Come operazione preliminare veniva eseguita accurata mappatura dei degradi per individuare le parti lesionate o fratturate.

Si procedeva quindi con un’accurata pulitura dalle polveri o da residui  le parti da incollare, utilizzando della resina epossidica (vedi scheda prodotto allegata) evitando sbavature o colature della stessa sulle zone circostanti

2. INTERVENTO

2.1 Elementi lapidei

Consolidamento elementi lapidei

Il consolidamento delle parti fratturate ha riguardato gran parte del materiale lapideo che presentava numerose fratture ed esfoliazioni, spesso causate da elementi metallici sottostanti arrugginiti e da un assestamento della facciata.

In un precedente intervento di  restauro, presumibilmente intorno agli anni cinquanta, erano state chiuse le fessurazioni con malte cementizie che , non essendo osmotiche, avevano aumentato le fessurazioni e le crepe sottostanti.

Si procedeva con un imbonimento sottolivello delle fessure con impasto a base di resina epossidica e polvere di pietra, quindi venivano inseriti degli aghi in acciaio e, dove le fessurazioni erano più estese, con l’inserimento di apposite cannule in materiale plastico.

Dopo aver iniettato,  a scopo di ripulitura di eventuali polveri depositate in profondità dell’acetone, si procedeva con l’immissione della resina epossidica liquida a lenta percolazione.

Questa operazione consentiva di fissare le  scagliature e crepe interne ed esterne.

Massima attenzione e cura nell’impedire la fuoriuscita di materiale per evitare la macchiatura della pietra circostante, che in alcuni casi veniva protetta con la stesura a pennello di prodotto specifico Ciclododecano in ligroina ) che crea una pellicola filmogena che sublima totalmente in quattro giorni a 20°.

 

Restauro poggioli

Nella facciata su cui siamo intervenuti sono presenti tre poggioli in pietra, uno grande centrale e due più piccoli laterali.

Lo stato di conservazione dei poggioli risultava molto degradato per grosse fratture sulle piane con relative fatturazioni,.

Uno slittamento laterale del poggiolo centrale aveva compromesso il pilastro d’angolo che risultava fratturato in più punti.

Massiccia presenza di malte cementizie, colonnine fratturate, arpesi di ancoraggio ormai inutilizzabili.

Le colonnine ed i pilastrini presentavano i perni di congiunzione totalmente arrugginiti e la pietra circostante con ampie fatturazioni.

Dopo un attenta analisi della situazione si conveniva, in accordo con la D.L.,  lo smontaggio dei vari elementi che compongono i tre poggioli, il restauro degli elementi e la successiva ricollocazione degli stessi.

Come primo intervento si è provveduto a far modificare, dagli operai addetti, il ponteggio per consentire le operazioni di smontaggio e lavorazione degli elementi lapidei in sicurezza.

Lo smontaggio dei poggioli  ha previsto come prima operazione lo svincolo della cimasa dalle colonnine e dai pilastrini.

Sono state rimosse le stuccature cementizie con l’utilizzo di scalpelli manuali molto affilati, i perni metallici sono stati segati con attrezzatura manuale onde evitare lesioni dovute alle vibrazioni meccaniche.

Con l’ausilio di argani manuali, dopo aver imbragato i vari elementi, si è proceduto al lievo e successivo deposito degli stessi su una zona del ponteggio appositamente organizzata onde evitare interferenze con le altre lavorazioni.

La parti fratturate venivano ricomposte con utilizzo di resina epossidica.

Dove le lacune erano più evidenti si realizzavano dei tasselli in pietra d’Istria sagomati come gli originali.

In alcune zone le lacune non consentivano la realizzazione di tasselli perché  di dimensioni ridotte, quindi si provvedeva all’integrazione mediante delle ricostruzioni armate con un impasto di resina epossidica caricata con polvere di pietra d’Istria.

Inserimento nuovi perni in acciaio inox su colonnine, pilastrini e cimasa fissati con piombo fuso.

Dopo il rimontaggio dei poggioli sono stati realizzati e fissati, sempre con piombo, nuovi arpesi in acciaio inox.

La parte bassa della facciata risultava molto compromessa. Infatti gli architravi delle quattro finestre presenti al piano terra erano stati messi in sicurezza , in un vecchio intervento di manutenzione del palazzo, mediante l’inserimento in appositi alloggiamenti, di barre in ferro e successiva stesura di malta cementizia.

Queste barre arrugginendo avevano aumentato di volume creando profonde fratture sul materiale lapideo, compromettendo seriamente la statica degli architravi stessi.

In accordo con la D.L. si decideva di svincolare e rimuovere le vecchie barre, di consolidare le crepe e le fratture con iniezioni in profondità di resina epossidica e di inserire delle nuove barre però in acciaio inox e fissate con resina epossidica.

Due finestre risultavano particolarmente deteriorate, visibili grosse lacune di materiale consigliavano di realizzare dei tasselli in pietra d’Istria per consentire una maggior stabilità delle spallette e degli architravi.

La parte inferiore della facciata è rivestita di lastre in pietra d’Istria di  buon spessore che in origine risultavano ancorate alla muratura sottostante da dei ganci che attualmente si presentavano un po’ deteriorati.

Per assicurare le lastre alla muratura sottostante ed evitare che con il tempo potessero distaccarsi venivano ancorate con l’inserimento di adeguate barre in acciaio inox fissate con resina epossidica.

Pulitura elementi lapidei

La superficie lapidea presentava incrostazioni carboniose localizzate soprattutto nella cornice di gronda e sui lati dei barbacani, sugli architravi e spallette delle finestre, nei poggioli sulla zona sottostante, dove non vi era stata dilavazione piovana.

Le superfici esterne invece erano interessate da leggere formazioni carboniose.

Effettuato un lavaggio di tutta la superficie lapidea con acqua deionizzata e bruschinatura con ausilio di spazzole in setola morbida per rimuovere i depositi incoerenti.

Sono stati abbassati i depositi superficiali carboniosi compatti e spessi con utilizzo di scalpellini affilati o di bisturi.

Le spallette delle finestre poste al secondo piano erano interessate da uno strato superficiale di dipinture, presumibilmente tempera, che venivano asportate con dei raschietti affilati e bisturi.

Stesura successiva di impacchi con polpa di carta ed una soluzione di bicarbonato di ammonio e pH controllato con tempi diversificati in base alla tenacia dello sporco presente sulla superficie trattata.

Rimozione degli impacchi e asportazione dei residui con ripetuti lavaggi e bruschinatura con spazzolini morbidi e spugne.

Nelle zone dove la superficie carboniosa risultava particolarmente tenace e non asportabile con utilizzo di bisturi senza rischiare di lesionare la pietra, si utilizzava una leggera sabbiatura con apparecchiatura aeroabrasiva utilizzando dell’ossido di alluminio a 220 masch, e successivo lavaggio della superficie trattata con acqua deionizzata per asportare gli eventuali residui. 

Stuccatura materiale lapideo

A pulitura ultimata si procedeva con la stuccatura di tutte le crepe, fughe di connessione, utilizzando un impasto a base di polvere di pietra d’Istria e calce desalinizzata.

Sul portone della riva d’acqua, tra la chiave di volta a mascherone e il semi arco di sinistra era stato inserito, in un precedente intervento, un cuneo in ferro per bloccare  lo slittamento della chiave stessa,  dovuto all’assestamento naturale del palazzo.

Attorno al cuneo si era formato nel tempo uno spesso strato di ruggine aumentandone il volume e rendendolo non più idoneo alle sue funzioni originali.

Dovendolo rimuovere,  si procedeva con l’inserimento di un foglio di polietilene addossato alla chiave di volta e successivo imbonimento della fessura con un impasto a base di resina epossidica e polvere di pietra d’Istria caricata con scaglie della stessa pietra, battute in profondità.

Questo tipo di intervento consentiva di ampliare il  concio del semiarco fino al’incontro con la chiave di volta, lasciandola comunque svincolata dallo stesso.

A polimerizzazione avvenuta si rimuoveva il cuneo in ferro.

2.2 Ripristino intonaci decorati

Lunette in intonaco affrescato

Nell’intradosso delle finestre ad arco poste al piano nobile sono presenti delle tamponature di intonaco decorato.

Da un’accurata analisi venivano riscontrate delle crepe sulla superficie con distaccamenti dal supporto murario sottostante.

Alcune zone, in particolarmente nella parte inferiore, presentavano lacune con perdita di materiale.

Una lunetta risultava completamente priva di intonaco, presumibilmente staccatosi ed andato perduto.

In accordo con la D.L. si decideva di ripristinare l’intonaco e le decorazioni.

Veniva effettuata un’asportazione delle polveri con pennelli morbidi da tutte le superfici interessate.

Prima di procedere con l’intervento di consolidamento da effettuarsi mediante iniezioni di calce demineralizzata per la riadesione dei distaccamenti, si provvedeva alla garzatura delle superficie interessata, da rimuoversi a consolidamento effettuato.

Rimozione delle parti carboniose per mezzo di una soluzione di bicarbonato di ammonio a pH controllato supportato da veline di carta giapponese.

Accurato lavaggio della superficie con acqua demineralizzata e l’ausilio di spugne morbide naturali.

Per la lunetta da integrare si procedeva con la formazione di intonaco di fondo il più possibile simile agli esistenti e successivamente, dopo aver ripreso la decorazione da un’altra lunetta su carta velina, veniva riportata sul nuovo  intonaco.

Decorazione a fresco con pigmenti in terre naturali.

Stuccatura delle crepe, integrazione delle lacune con intonaco dello stesso litotipo di quello esistente, ripresa pittorica con pigmenti in terre naturali.

Stesura di un idoneo protettivo idrosolubile, a pennello.

Formazione nuovi intonaci facciata

Gli intonaci della facciata erano molto deteriorati con ampie lacune su tutta la superficie.

Dopo aver consultato la D.L., anche in considerazione che non risultavano gli intonaci originali ma di rifacimenti risalenti agli anni cinquanta a base cementizia, si optava per la demolizione delle parti ancora presenti e formazione di nuovi intonaci con metodo e materiali tradizionali.

Dopo la rimozione delle porzioni di intonaco esistente e la pulitura della muratura sottostante mediante accurati lavaggi atti ad eliminare i residui  polverosi, veniva formato un sottofondo in graniglia di calcare dello spessore di 5/6 mm e calce di grassello stagionata.

Formazione di intonaco di finitura in grassello di calce invecchiato e polvere di pietra tirato a ferro, in fase avanzata di asciugatura.

Stesura di idoneo protettivo a base di silossano, dato a pennello, su tutta la superficie della facciata, sia intonaci che materiale lapideo.