Palazzo Bon, Venezia

Palazzo Bon
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Restauro conservativo elementi lapidei

INDICE

  1. STATO ATTUALE
  2. DEGRADO
  3. PROGETTO DI RESTAURO

  4. INTERVENTO DI RESTAURO
    4.1 Restauro statico
    4.2 Costruzioni
    4.3 Pulitura

1. STATO ATTUALE

Palazzo Bon è una costruzione quattrocentesca che nel tempo ha subito alcune modifiche pur mantenendo sia nella facciata prospiciente rio S. Severo che in quella che da su calle dell’Arco detta Bon una pregevole composizione architettonica.

La facciata di cui necessità il restauro è quella prospiciente il rio S. Severo.

Questa è formata da tre piani abitativi delimitati da due cornici marcapiano e da un piano terra dove insistono dei magazzini.

Nel primo piano (ammezzato) sono presenti delle finestre con i poggioli rientranti in parte tamponati da muratura; il secondo piano si presenta con con una pentafora centrale con colonne sormontate da capitelli che reggono gli archi gotici delle finestre ed un grande poggiolo esposto per tutta la sua lunghezza, quindi quattro finestre laterali con capitelli sormontanti i pilastri e reggenti gli archi, tutte con poggioli esposti; un terzo piano presenta una quadrifora centrale con colonne, capitelli ed archi e quattro finestre laterali, il tutto privo di poggioli.

Le specchiature laterali degli archi al terzo piano contengono degli inserti in Rosso Sbrecciato e Alabastro Egiziano con la superficie molto deteriorata, mentre nei tondi in pietra d’Istria posti al secondo piano risultano mancanti due sfere in pietra.

Una cornice di gronda retta da barbacani il tutto in pietra d’Istria delimita la facciata dal tetto.

2. DEGRADO

Veniva effettuato un sopraluogo atto a definire il tipo di intervento e le priorità sia a livello

statico che per ciò che riguarda la pulitura della superficie lapidea.

Nella pentafora centrale veniva riscontrato uno slittamento di una colonna con relativa frattura di parte degli elementi in pietra della base.

Alcune colonnine sia sul poggiolo centrale che sui laterali al secondo piano risultavano fratturate in più punti rendendole pericolosamente instabili.

Nella cimasa del poggiolo centrale erano presenti diversi distaccamenti con arpesi di ancoraggio dei conci ormai inutilizzabili.

Molti frammenti e vecchi tasselli lapidei di varie dimensioni risultavano mancanti.

Sulla piana di uno dei poggioli fratture estese e tracce di interventi di riparazione precedenti.

Due barbacani della cornice di gronda risultavano pericolosamente lesionati.

L’architrave di una finestra del primo piano presentava una lesione piuttosto estesa e la fuoriuscita dell’arpese dal suo inserto originale.

Fatturazioni multiple su tutta la superficie.

La presenza di crosta nera sulla superficie lapidea si manifesta in modo massiccio nella cornice di gronda e sulle finestre del primo piano, sulla parte inferiore dei poggioli e sui relativi barbacani, limitata ad alcune zone sul resto degli elementi.

3. PROGETTO DI RESTAURO

L’intervento prevede la messa in sicurezza di tutti gli elementi lapidei instabili mediante inserimento di perni in acciaio inox annegati in resina epossidica, incollaggio delle parti fratturate e realizzazione nuovi arpesi di ancoraggio.

Lo smontaggio dei poggioli con le cimase o i piastrini fratturati, il loro restauro e successivo ricollocamento degli stessi.

Consolidamento delle brecce, dove sono presenti dei distaccamenti, mediante iniezioni di malte colloidali.

Inserimento di lamine in fibre di carbonio sull’architrave fratturato.

Realizzazione di tasselli sugli elementi in pietra d’ Istria con la ripresa dei motivi ornamentali esistenti.

Rimozione stuccature cementizie, pulitura della superficie lapidea e consolidamenti.

Realizzazione di nuove sfere da inserire in facciata, dove risultano mancanti.

4. INTERVENTO DI RESTAURO

4.1 Restauro statico

Il primo intervento riguardava lo smontaggio della balaustra e le colonnine del poggiolo posto a destra della pentafora che presentava molti elementi

con fratture evidenti e con problemi di stabilità.

Inserimento di perni in acciaio inox nelle colonnine fratturate, quindi incollate le varie parti distaccate con resina epossidica.

Le colonnine restaurate venivano ricollocate al loro posto originale e successivamente riposizionata la balaustra.

Le staffe di ancoraggio alla muratura e gli arpesi tra concio e concio venivano sostituiti con nuovi elementi in acciaio inox realizzati in loco e fissati mediante fusione di piombo.

Modificato in parte il ponteggio esistente per consentire lo smontaggio del poggiolo della pentafora, di notevoli dimensioni, che presentava uno slittamento di un concio laterale ed alcune parti fratturate sulla cimasa e sulle colonnine.

Sulla balaustra alcune zone risultavano mancanti di parti del materiale lapideo originale, probabilmente fratturate e andate perdure, sia sulla cimasa che sulle colonnine.

In accordo con la D.L. si procedeva con la realizzazione di tasselli modanati in pietra d’Istria che successivamente venivano fissati nei relativi alloggiamenti mediante incollaggio con resina epossidica.

Avendo riscontrato che i perni di ancoraggio tra i conci della balaustra ed i pilastri sottostanti risultavano ormai seriamente deteriorati, si procedeva con la sostituzione degli stessi con dei nuovi perni in acciaio inox, realizzando con l’occasione dei nuovi alloggiamenti.

Sulla piana di un poggiolo, dove era stato eseguito un precedente intervento con inserimento di due barre in ferro sulla parte sottostante a sostegno dello stesso, data la presenza di varie crepe si provvedeva a ancorare la superficie mediante l’inserimento di quattro arpesi in acciaio inox.  

4.2 Ricostruzioni

Sulle cimase di due finestre poste al primo piano risultavano mancanti parti di pietra d’Istria ma, data la presenza di inferriate che impedivano la realizzazione e la messa in opera di tasselli, veniva optato per la ricostruzione delle parte mancanti con un impasto a base di resina epossidica e polvere di pietra dello stesso litotipo di quella già esistente.

Per garantire una perfetta tenuta della ricostruzione venivano inseriti dei piccoli perni in acciaio inox per creare una armatura di ancoraggio.

Durante il sopraluogo antecedente all’intervento di restauro era stata notata la mancanza di due sfere in pietra che dovevano in origine adornare la facciata.

Infatti nei rosoni presenti tra il secondo ed il terzo piano (quattro) si notava la mancanza di due sfere. In accordo con la D.L. e la Soprintendenza si decideva

di realizzare due sfere nuove a completamento della decorazione.

Venivano scolpite a mano, della stessa dimensione di quelle presenti ed inserite nei loro fori originali con nuovi perni in acciaio inox.

L’architrave di una finestra posta al primo piano presentava una serie di crepe dovute al cedimento di un arpese applicato precedentemente.

L’arpese veniva rimosso e in accordo con la D.L. venivano applicate due lamine in fibra di carbonio per tutta la lunghezza dell’architrave. Le crepe, dopo averle accuratamente ripulite dai residui di terriccio, venivano richiuse con resina epossidica sottolivello in modo tale di consentire una successiva stuccatura delle stesse con idoneo impasto a base di calce idraulica e polvere di pietra.

Tale intervento risulta totalmente reversibile nel caso si programmasse un domani di sostituire l’architrave ammalorato.

Venivano inseriti anche due perni in acciaio inox annegati in resina epossidica su due barbacani della cornice di gronda che presentavano due grosse fenditure perpendicolari.

Le lastre in marmi policromi situate nelle zone estradossali degli archi della quadrifora presentavano in alcuni punti dei distaccamenti dal supporto murario sottostante.

Si procedeva quindi con il riempimento degli spazi tra il supporto murario e le lastre con iniezioni di malte colloidali.

4.3 PULITURA

La superficie lapidea della cornice di gronda presentava dei depositi superficiali compatti e spessi localizzati soprattutto nella parte inferiore e nei barbacani sottostanti.

Veniva eseguito un lavaggio di tutta la superficie con bruschinatura utilizzando spazzole di saggina a setole morbide.

Le incrostazioni più spesse venivano asportate manualmente con utilizzo di microscalpelli e bisturi.

Si applicava successivamente un impacco con soluzione di bicarbonato d’ammonio ed un impasto di polpa di carta e sepiolite a tempo controllato (circa 36 ore).

Trascorso tale tempo di azione dell’impacco, lo stesso veniva rimosso ed i residui di sporco asportati con ausilio di spugne morbide e spazzolini in saggina o fibra di nylon.

Dove le incrostazioni risultavano particolarmente tenaci si provvedeva ad eseguire un secondo impacco però con un tempo di posa inferiore.

Tutta la superficie veniva nuovamente lavata con acqua deionizzata per consentire la eliminazione dei sali residui.

Si procedeva quindi con la pulitura di tutta la superficie lapidea della facciata, degli archi, delle finestre, dei poggioli.

Particolarmente spessi i depositi di sporco sulla superficie lapidea del primo piano che presentava strati di dipinture negli architravi e nelle spallette delle finestre.

Per rendere omogenea la superficie lapidea nelle zone dove le incrostazioni risultavano più tenaci o dove non era possibile effettuare degli impacchi essendoci degli spazi esigui, come ad esempio gli interni di poggioli tamponati, si effettuava una micro sabbiatura localizzata.

Stuccatura finale mediante un impasto a base di calce idraulica desalinizzata (Lafarge) e polvere di pietra dello stesso litotipo di quella esistente tutte le crepe, fessurazioni, fori, dove erano stati precedentemente asportati gli elementi metallici ormai inutilizzabili, e le giunture tra conci.