Chiesa di San Canciano, Venezia

Chiesa di San Canciano, Venezia
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Intervento di restauro conservativo e smontaggio, atto al ripristino delle murature su cui sono addossati tre degli altari absidali siti nella Chiesa di San Canciano a Venezia

La prima che prendiamo in considerazione è quella di S. Massimo, la quale versa in uno stato preoccupante per la presenza di sali nelle murature i quali sono trasmessi al materiale lapideo costituente l’altare alterandone non solo la cromia ma creando una continua sfarinatura della superficie con conseguente perdita di materiale.

Inoltre essendo un monumento assai pesante, per la sua ricchezza d’elementi scultorei, si ritiene doveroso alleggerire la struttura dell’altare, scendendo a terra questi e permettere la sostituzione della muratura.

L’altare è costituito oltre alla mensa e al suo paliotto in marmo bianco di Carrara con intarsi in breccia, di un grado complesso e pesante, formato da quattro colonne in breccia Saravezza che sorreggono un timpano a forte gittata sostenente tre elementi scultorei in bianco di Carrara.

Al centro del grado, in mezzo alle colonne è situato un sarcofago con un coperchio frontale decorato con foglia d’oro, con sotto poggiate all’altezza della mensa due statue che rappresentano solo scenicamente due cariatidi che lo sorreggono.

Le superfici lapidee presentano un’abbondante cumulo di depositi ormai fissatisi, come polvere grassa, fumi, oli ecc., esse necessitano di un’accurata pulitura atta a stabilire un equilibrio tra la visuale decorativa finale e la doverosa manipolazione.

Saranno altresì protetti mediante velinature, garzature o imbottiture tutte le parti esposte nella fase di smontaggio.

La proposta di intervento può essere così riassunta:

  • Produzione e di un rilievo fotografico dell’Altare
  • Protezione dell’impiantito mediante la stesura di uno strato di geotessuto e di una pellicola di nailon
  • Rimozione delle polveri e dei depositi aerei con l’ausilio di pennelli morbidi e aspirapolvere
  • Alleggerimento della struttura mediante la scesa a terra delle statue situate sopra il timpano
  • Svincolo dalla muratura degli elementi lapidei formanti il timpano e loro messa a terra
  • Smontaggio delle quattro colonne e relativi capitelli dorati
  • Rimozione delle due statue sotto il sarcofago e puntellazione per la messa in sicurezza dello stesso
  • Rimozione di tutti gli elementi metallici di sostegno e ancoraggio dei conci e delle statue
  • Desalinizzazione delle parti inferiori delle quattro colonne, delle lastrine di rivestimento e dei pilastri mediante, immersione dove possibile, comunque impacchi di sepiolite con acqua deionizzata
  • Previa protezione delle aree dorate, pulitura delle superfici lapidee eseguita con una soluzione di carbonato d’ammonio diluito in acqua la quale percentuale, è da definirsi dopo una campionatura eseguita in loco.
    L’operazione sarà suscettibile di variazione secondo le problematiche riscontrabili nelle superfici lapidee

    Eventuali tracce cromatiche o parti interessate da dorature, saranno escluse da questa tipologia d’intervento, saranno impiegati metodi appropriati al caso.

  • Rimozione di tutte le stuccature in modo meccanico con l’ausilio di bisturi e microscalpelli
  • Consolidamento delle superfici già trattate con acqua deionizzata mediante ripetute applicazioni di un prodotto specifico a base di estere etilico dell’acido silicico o comunque un qualsiasi altro prodotto concordato con i tecnici della Soprintendenza
  • Sostituzione di tutti gli elementi metallici di connessione, con altri di stessa fattura in acciaio inox A.I.S.I. 316, fissati con piombo fuso
  • Rimontaggio di tutti gli elementi come in origine isolando, mediante piombo in fusione, le superfici di contatto
  • Stuccatura di tutte le fessure e delle fughe di connessione tra gli elementi lapidei con un impasto a base di calce desalinizzata e polvere della stessa pietra su cui si sta operando

Stesura su tutta la superficie lapidea di un protettivo a base di cera microcristallina.

Integrazione al precedente preventivo, riguardante i tre altari absidali siti nella Chiesa di San Canciano a Venezia

Con l’ausilio di un’impalcatura mobile, è stato possibile salire in quota e quindi farsi un’idea più oggettiva dall’intervento.

Si sono riscontrati dei cedimenti sia a livello strutturale sia dei rivestimenti lapidei.

In particolare lo spostamento di un concio a forma di zeppa, situato alla base della cornice che sorregge la statua di destra sopra il timpano.

Ora, con l’ausilio di una puntellatura adeguata sarebbe possibile una soluzione in opera ma, in virtù dell’intervento previsto sulla muratura, si ritiene più prudente svicolare la statua e riporla a terra.

Questo vale anche per il gruppo scultoreo formato dalla statua del santo e dei due putti che sono situati sopra il sarcofago la cui rimozione porterà un notevole sgravio all’altare rendendo più ottimale il restauro definitivo.

Il primo pilastro a destra che sorregge gli archi su cui è poggiata la cupola della cappella ha subito un cedimento.

Questi si manifesta nello spostamento della cornice e l’apertura della fuga nell’intradosso tra la chiave ed un concio dell’arco.

Dell’intonaco originale, un bel marmorino rosa lavorato a lucido, si stima ne sia rimasto il 50% circa. Una parte del marmorino sul lato destro della cappella è andato perduto a seguito della messa in opera di una panchina incassata nella muratura in * Giallo veneziano* di nuova manifattura, mentre per il resto fino alla cornice, si presenta ricoperto da diverse successive dipinture.

Il lato sinistro della cappella presenta una situazione assai più disastrata poiché i sali trasmessi dalla muratura , nella cui la zona si presentano in modo massiccio, hanno sgretolato l’intonaco mettendo alla luce la base in cocciopesto fin sopra la esistente lapide in Giallo Antico.

Le quattro lapidi esistenti nei due lati della cappella necessitano d’un intervento come di seguito specificato.

Le due poste frontalmente nella zona più alta della cappella sembrano in condizioni abbastanza buone se raffrontare a quelle poste nelle zone basse.

La lapide a destra nella zona bassa presenta invece dei problemi di staticità. Infatti mentre non si notano presenze massicce di sali , la traslazione dovuta al cedimento del pilastro che sorregge gli archi ha creato delle crepe nella muratura con conseguenti sconnessioni negli elementi della lapide nei punti di giuntura, in maniera visibile.

In fase d’intervento si stabilirà la metodologia da seguire (smontaggio o consolidamento in opera).

La lapide a sinistra nella zona bassa è costituita da una mensola in pietra d’Istria intrisa di sali e d’acqua ma ancora integra nelle sue parti, mentre la cornice in Giallo Antico di inestimabile valore, data l’impossibilità di reperire il suddetto materiale, versa in condizione disastrosa essendosi depositati i sali all’interno delle vene di cementazione sedimentandosi fino al distaccamento, con la loro spinta, dei clasti che costituiscono questo tipo di materiale.

Lo stesso vale per i decori in Bianco Cristallino che sormontano la cornice, costituiti da due drappi di cui quello situato sul lato destro è andato perduto come la mandibola del teschio sito sulla sommità della lapide, come pure parte delle decorazioni a foglia site sulla parte inferiore della lapide stessa.

La lastra centrale in Nero del Belgio presenta ancora parte della scritta anche se quasi illeggibile per il continuo sfarinarsi della superficie dovuto alla presenza dei sali.

Si prevede un intervento di preconsolidamento mediante resina epossidica a carico variabile in silice micronizzata su tutte le scaglie a rischio di distacco.

Velinatura dell’intera superficie con l’ausilio di un consolidante reversibile.

Svincolo dalla muratura degli elementi lapidei che verranno sistemati all’interno di apposite vasche contenenti acqua deionizzata ove rimarranno fino allo stabilizzarsi dell’arricchimento di sali dell’acqua.

Successivamente , una volta asciutti, saranno consolidati con metodo opportuno (a pennello, ad immersione, ecc.) da definirsi in fase di lavorazione.

Dopo il consolidamento verranno rimessi in opera come originariamente avendo però cura di isolare il dorso della lastra dalla muratura sottostante con apposita lamina in piombo.

Stuccatura mediante polvere di pietra in calce desalinizzata e pigmento naturale con stesura finale su tutta la superficie di una cera microcristallina.

L’accesso alla Cappella di S. Massimo è delimitato da due balaustre in Bianco di Carrara con balaustrini in Nero Marquinia e piccoli specchi in Breccia Saravezza. 

Il loro stato di conservazione sia dal punto di vista statico sia da quello estetico era assai precario si è quindi proceduto allo smontaggio delle stesse durante il quale venivano rilevate tracce di riparazioni precedenti sia cementizie che con incollaggi di pece greca.

Su alcuni elementi i perni di fissaggio erano ormai arrugginiti e non li tenevano più in asse, quindi erano pericolosamente traballanti, in altri i perni erano in legno consunto e “sugherato”. (Foto)

Si è cercato, ove possibile, di mantenere intatti gli elementi metallici di ancoraggio originali in rame da ricollocare al loro posto nella fase di rimontaggio delle balaustre.

Come prima fase sono state rimosse le polveri ed è stato eseguito un primo lavaggio con acqua deionizzata, poi successivamente sono stati asportati con ausilio di microscalpelli e bisturi i residui cementizi e le parti in colofonia che non più aderenti.

Sono stati rimossi i vecchi perni arrugginiti ed altre parti metalliche ossidate.

Come seconda fase sono stati fatti degli impacchi con acqua deionizzata in polpa di carta e/o sepiolite sui vari elementi delle balaustre mentre le colonnine sono state collocate in contenitori con acqua deionizzata.

Dopo varie operazioni di risciacquo ed asciugatura finale tutti gli elementi che compongono le due balaustre sono stati protetti e riposti in attesa di ricollocazione.

Dopo varie operazioni di risciacquo ed asciugatura finale tutti gli elementi che compongono le due balaustre sono stati protetti e riposti in attesa di ricollocazione.

La loro staticità è assai precaria e si notano precedenti interventi parziali di restauro. Si deve procedere allo svincolo degli stessi mediante la rimozione degli arpesi esistenti, che verranno riutilizzati, dei perni e delle parti cementizie.

Verrà effettuata una pulitura mediante lavaggio con acqua deionizzata e, ove si renda necessario l’utilizzo di brevi impacchi di carbonato d’ammonio in percentuale da stabilirsi dopo campionatura.

Saranno sostituiti tutti i perni esistenti con altri della medesima fattura ma in acciaio A.I.S.I. 316, e fissati con piombo fuso.

Per quanto riguarda le lesene, gli archi e le cornici in pietra d’Istria si ipotizza una pulitura con impacchi di polpa di carta in bicarbonato d’ammonio.

Desalinizzazione delle lastre che rivestono le basi delle lesene ed i pilastri mediante impacchi di sepiolite ed acqua deionizzata.

Rimozione delle stuccature incoerenti con metodo manuale.
Consolidamento mediante inserimento di un perno nella base della lesena di sinistra a lato dell’altare che presenta una frattura.

Stuccatura con un impasto a base di polvere di pietra e calce desalinizzata , stesura finale sulla superficie di un protettivo a base di cera micro cristallina.